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La donna che ha pugnalato il suo fidanzato 100 volte e ha incolpato l'erba faceva parte di un nuovo programma PsyOps?

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operazioni psichiatriche sulla cannabis

Teoria della Ganja – Bryn Spejcher sta uccidendo uno PsyOp?

In un mondo pieno di narrazioni complesse e programmi segreti, il termine “PsyOp” o operazione psicologica è diventato un concetto fondamentale per comprendere la manipolazione della percezione pubblica. Originate dalla strategia militare, le PsyOps sono operazioni intese a trasmettere informazioni e indicatori selezionati al pubblico, influenzandone le emozioni, le motivazioni, il ragionamento oggettivo e, in definitiva, il comportamento di governi, organizzazioni, gruppi e individui. La proposta? Indurre o rinforzare un comportamento favorevole agli obiettivi dell'autore.

Storicamente, le PsyOps sono state utilizzate in vari contesti. Durante la seconda guerra mondiale, ad esempio, furono utilizzate false trasmissioni radiofoniche e volantini per ingannare le truppe nemiche. Nell’era della Guerra Fredda, l’uso dei media e della propaganda per modellare il sentimento politico era dilagante. Anche nei tempi moderni, Internet e i social media sono diventati terreno fertile per tali operazioni, confondendo il confine tra verità e manipolazione.

Tuttavia, cosa succede quando i principi delle PsyOps si infiltrano nelle narrazioni quotidiane, in particolare quelle riguardanti la salute e la sicurezza pubblica? Questo ci porta a un caso particolare che recentemente ha acceso una lampadina nella mia mente: la storia di Bryn Spejcher.

Bryn Spejcher, una donna che ha brutalmente ucciso il suo fidanzato Chad O'Melia dopo aver presumibilmente preso un tiro da un bong, ha affermato che la cannabis ha indotto uno stato psicotico che ha portato al crimine. Stranamente, la sua punizione era a solo 100 ore di servizio comunitario e due anni di libertà vigilata, una sentenza sconcertantemente indulgente per un atto così violento. Inoltre, la mancanza di una valutazione psichiatrica sostanziale o di qualsiasi periodo di detenzione per omicidio colposo fa sollevare le sopracciglia. Invece, Spejcher fu inviato a propagandare i “mali della cannabis”.

La frase leggera e il conseguente spostamento narrativo verso la psicosi indotta dalla cannabis sembrano troppo orchestrati, troppo convenienti. Potrebbe trattarsi di un esempio contemporaneo di PsyOp, mirato specificamente alla percezione della cannabis da parte del pubblico? Il modus operandi si adatta: utilizzare un evento reale e tragico e inventare una narrazione che serva un programma più ampio – in questo caso, dipingendo la cannabis in una luce negativa.

Quando si comincia a rimuovere gli strati e a confrontare storie simili, emerge uno schema che si allinea stranamente con le tattiche precedentemente viste in PsyOps. Stiamo assistendo ad uno stratagemma sofisticato e sinistro per influenzare l'opinione pubblica contro la cannabis utilizzando il caso Spejcher come veicolo?

Esaminiamo più a fondo questa intrigante possibilità e scopriamo se l'omicidio di Bryn Spejcher è più di un semplice crimine tragico, ma una PsyOp calcolata con implicazioni di vasta portata nel discorso in corso sulla cannabis.

Il caso Bryn Spejcher è una storia straordinaria che non solo suscita profonde emozioni ma evoca anche un senso di déjà vu per chi ha familiarità con la storia della propaganda della cannabis. La storia di Spejcher, con la sua condanna stranamente indulgente per un crimine brutale, serve a ricordare duramente il potere dell'inquadratura narrativa nel plasmare la percezione pubblica, soprattutto per quanto riguarda la cannabis.

Spejcher ha ricevuto una condanna così mite da rasentare l'incredulità per l'omicidio di Chad O'Melia. Anche accettando per oro colato la sua affermazione di psicosi indotta dalla cannabis, la punizione è in netto contrasto con la gravità delle sue azioni. Il suo ruolo ora, quello di portavoce che mette in guardia sui pericoli della cannabis, sembra meno una punizione e più una mossa strategica in una narrazione più ampia.

Questa svolta degli eventi riecheggia un tono familiare per quelli di noi che sono nella trincea del giornalismo sulla cannabis da oltre un decennio. Ricorda le tattiche impiegate da Henry Anslinger, un nome sinonimo della precoce criminalizzazione della cannabis e della propagazione della "Reefer Madness".

Anslinger, il primo commissario del Federal Bureau of Narcotics del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, era noto per il suo ruolo nella demonizzazione della cannabis.

I suoi metodi non riguardavano solo l'applicazione della legge; erano una campagna globale che faceva leva sul razzismo e sull’isteria di massa. Collaborando con figure influenti come William Randolph Hearst e la famiglia DuPont, Anslinger alimentò una macchina di propaganda che sfornò storie sensazionali e spesso inventate selvaggiamente sugli effetti della cannabis.

Durante l'apice dell'era Reefer Madness, il pubblico era bombardato da storie di follia, violenza e decadenza morale, tutte presumibilmente causate dalla cannabis. Queste narrazioni sono state create strategicamente per instillare paura e giustificare le norme rigorose e le dure sanzioni per l’uso di cannabis. La retorica razzista e allarmista di Anslinger ha dipinto la cannabis come un flagello che doveva essere sradicato, un messaggio che è stato efficacemente diffuso attraverso i media e la politica.

Il caso di Bryn Spejcher, nella sua gestione e nella successiva narrazione, sembra essere un’iterazione moderna di questa tattica secolare. La sentenza leggera e il perno di una crociata pubblica contro la cannabis hanno una strana somiglianza con le tecniche di allarmismo del passato. È come se le ombre di Reefer Madness incombessero su questo caso, suggerendo un possibile sforzo orchestrato per riaccendere vecchie paure e pregiudizi contro la cannabis.

Questo sorprendente parallelo solleva interrogativi critici sulle motivazioni sottostanti e sui potenziali attori dietro tale narrazione. Stiamo assistendo a una PsyOp contemporanea, una campagna attentamente orchestrata che utilizza la storia di Spejcher per influenzare l'opinione pubblica e la politica sulla cannabis? La somiglianza con i metodi di Anslinger non può essere trascurata, suggerendo una possibile rinascita delle vecchie tattiche di propaganda in una nuova veste.

Mentre approfondiamo il caso Spejcher, è fondamentale mantenere un occhio critico e mettere in discussione le narrazioni presentate. La storia ci ha mostrato il potere della propaganda, soprattutto quando si tratta di cannabis, e il caso Spejcher potrebbe essere solo l’ultimo capitolo di questa saga ancora in corso.

Senza avventurarsi nel regno della negazione totale degli eventi accaduti, è necessario esaminare criticamente la narrativa che circonda l'affermazione di Spejcher sulla psicosi indotta dalla cannabis. Si tratta di un caso di vera crisi di salute mentale o di un punto conveniente della trama in una narrazione più ampia?

La realtà della situazione è cruda. Il crimine commesso da Spejcher era reale e orribile. Tuttavia, l’affermazione di psicosi indotta dal consumo di cannabis solleva dubbi, soprattutto considerando il contesto e il contesto. È plausibile che Spejcher possa effettivamente essere un individuo disturbato con problemi psicologici sottostanti, e il punto di vista della cannabis potrebbe essere una falsa pista o un fattore scatenante, non la causa principale.

La clemenza della sua frase è il punto in cui la trama si infittisce. Una punizione così mite per un crimine violento non è solo insolita; è allarmante. Questa decisione giudiziaria costituisce un pericoloso precedente e si inserisce perfettamente nella secolare narrativa di “erbacce uccide”, uno slogan che ricorda l’era Reefer Madness. È una narrazione che è stata sfatata più e più volte, eppure riemerge, riconfezionata per un pubblico moderno.

Questa clemenza potrebbe potenzialmente essere sfruttata per tessere una narrativa sociale in linea con le visioni proibizioniste. Il caso potrebbe essere citato in futuri contesti legali, citando i pericoli della marijuana come giustificazione per mantenere uno stretto controllo sul suo uso e distribuzione. La “difesa Spejcher” potrebbe diventare un modello per casi simili, gonfiando artificialmente i casi di violenza indotta dalla cannabis.

Questa manipolazione della percezione pubblica serve gli interessi di coloro che sostengono la continua proibizione e criminalizzazione della cannabis. Trascura la realtà che milioni di persone consumano cannabis senza ricorrere alla violenza, anche quando usano varietà potenti. Il caso di Bryn Spejcher, quindi, diventa qualcosa di più di un tragico delitto; si trasforma in uno strumento per coloro che mirano a sostenere una posizione proibizionista, instillando paura e giustificando normative stringenti. Questa attenta orchestrazione di eventi e narrazioni solleva la domanda: stiamo assistendo a una sofisticata PsyOp in gioco?

Etichettatemi come scettico, o addirittura chiamatemi pazzo, ma il caso Spejcher riecheggia una tendenza inquietante nella storia della legislazione e della propaganda sulla cannabis. È una storia familiare, in cui la malattia mentale è opportunamente intrecciata con l'uso di cannabis per giustificare leggi rigorose e paranoia sociale.

Prendiamo, ad esempio, la famigerata storia diffusa da Harry Anslinger, l'architetto della proibizione della cannabis. Una volta raccontò una storia su un giovane in Florida che, dopo un solo tiro di marijuana, uccise orribilmente la sua famiglia con un'ascia. La verità era completamente diversa: l’individuo soffriva di grave schizofrenia psicotica, con o senza cannabis. Tuttavia, questa storia divenne una pietra miliare dell’era Reefer Madness, plasmando l’opinione pubblica e la politica per decenni.

Andiamo avanti rapidamente fino al caso Spejcher e vediamo una narrazione inquietantemente simile. Spejcher ha affermato di aver dovuto uccidere il suo ragazzo e un cane per "tornare in vita" da uno stato di morte percepito, una narrazione che rispecchia inquietantemente l'incidente della Florida. Descrive Spejcher come qualcuno che, di fronte a un dilemma esistenziale, ha scelto l'omicidio come via per l'autoconservazione. Se fosse vero, questo dipingerebbe il ritratto di un individuo profondamente turbato, ben oltre la portata della semplice psicosi indotta dalla cannabis.

Tuttavia, è la sentenza che solleva i segnali d’allarme più significativi. In uno scenario in cui il crollo psicotico fosse reale, ci si aspetterebbe un intervento psichiatrico rigoroso e un’osservazione a lungo termine. Invece, la storia di Spejcher diventa una piattaforma per la retorica anti-cannabis, la sua sentenza un semplice schiaffo sul polso. Questa clemenza lascia perplessi, soprattutto considerando la gravità del crimine.

C'è anche un altro punto che non abbiamo nemmeno toccato… “Se i ruoli fossero invertiti” un uomo riceverebbe lo stesso trattamento indulgente per aver ucciso la sua ragazza mentre era sotto l'effetto della cannabis? Siamo veramente uguali davanti alla legge o è un sistema di controllo come la religione? È una domanda retorica che evidenzia i pregiudizi di genere e i doppi standard nel nostro sistema legale.

Il caso Spejcher, in sostanza, potrebbe essere visto come una moderna PsyOp, che fa eco alle tattiche usate da Anslinger. Utilizza una miscela di problemi di salute mentale e consumo di cannabis per perpetuare la paura e giustificare la continua proibizione. Questa narrazione non solo modella l’opinione pubblica, ma influenza anche i futuri procedimenti legali, creando potenzialmente pericolosi precedenti nel giudizio sui crimini legati alla cannabis.

Mentre concludiamo questo approfondimento sul caso Spejcher, rimane la domanda persistente: si tratta di una PsyOp attentamente orchestrata o no? Dal mio punto di vista, la giustizia sembra essere passata in secondo piano. La clemenza della sentenza, la narrativa incentrata sulla psicosi indotta dalla cannabis e gli echi storici di casi simili puntano tutti verso una potenziale PsyOp.

Diciamolo chiaro, la classe dominante ha un track record che spesso può essere messo in discussione. Basta dare un'occhiata veloce Uno sguardo al numero di legislatori con problemi legali – è una rivelazione. Questo caso potrebbe benissimo essere un altro caso in cui coloro che detengono il potere manipolano le narrazioni per servire i propri fini, soprattutto in questioni riguardanti la cannabis.

Allora, qual è la tua opinione su questa teoria della Ganja? È uno scenario plausibile o sono semplicemente al limite delle mie scorte? Intervieni con i tuoi pensieri e continuiamo a svelare insieme queste narrazioni intricate.

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